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L’importanza della PFN
La ‘‘posizione finanziaria netta’’ (PFN) è una grandezza che trova sempre più spazio nella comunicazione economico-finanziaria, nei documenti che corredano i bilanci d’esercizio e nelle relative analisi, nei piani aziendali, specialmente in contesti di turnaround, e nella costruzione di covenant finanziari o clausole contrattuali che legano prezzi, premi o quant’altro alle performance aziendali.
In questo articolo, oltre alle varie definizioni di PFN, viene affrontata la problematica del suo ‘‘segno algebrico’’, fonte di frequenti equivoci, e quella dell’integrazione delle informazioni che scaturiscono dalla stessa PFN con quelle derivanti dagli altri indicatori per margini.
Cos’è la PFN ‘‘posizione finanziaria netta’’
Nell’ambito della comunicazione economico-finanziaria d’impresa, la posizione finanziaria netta (PFN) era ed è frequentemente percepita come un “indicatore alternativo di performance”. Questo perché né i principi contabili nazionali OIC, né i principi contabili internazionali IAS/IFRS ne specificavano le modalità di calcolo.
Il principio OIC 6 ‘‘Ristrutturazione del debito’’ del luglio 2011 ha introdotto la PFN nei principi contabili nazionali, stabilendo che le società che hanno ristrutturato il proprio indebitamento devono inserire nella nota integrativa un prospetto che evidenzi l’andamento della posizione finanziaria netta a partire dall’esercizio anteriore a quello in cui la ristrutturazione dell’indebitamento diviene efficace.
Come esposto nello stesso OIC 6, ‘‘la dottrina e la prassi contabile hanno elaborato diverse modalità di calcolo’’ della posizione finanziaria netta.
Dallocchio M. e Salvi A. forniscono un’efficace definizione di PFN descrivendola come ‘‘differenza tra il totale dei debiti finanziari aziendali (a prescindere dalla loro scadenza) e le attività liquide (cassa, c/c attivi, titoli negoziabili e crediti finanziari)”.
Esprime l’ammontare dei debiti finanziari al netto delle attività che potrebbero essere liquidate ed utilizzate immediatamente per il rimborso; fornisce pertanto una misura dell’ammontare di debito per il quale non esiste un’immediata copertura’’.
Il segno algebrico della posizione finanziaria netta
La sopracitata autorevole dottrina, in relazione al ‘‘segno algebrico’’ della PFN, evidenzia come possa ‘‘naturalmente verificarsi che il totale delle attività liquide superi il debito finanziario: in questi casi, le aziende evidenziano un’esposizione finanziaria netta negativa’’.
Sembrerebbe, pertanto, che la posizione finanziaria netta assuma ‘‘segno positivo’’ quando il saldo è a debito (avere) e ‘‘segno negativo’’ quando il saldo è a credito (dare).
Nella pratica si assiste poi all’applicazione delle più diverse interpretazioni e al verificarsi di altrettanti equivoci. È frequente imbattersi in comunicazioni di stampa del tipo “la società ha chiuso l’esercizio con un utile di …, un Ebitda del … ed una posizione finanziaria netta positiva di …’’.
Il dubbio che sorge dalla lettura di una informativa di questo tipo è sempre lo stesso. Siamo di fronte ad attività liquide che superano il debito finanziario o, al contrario, ad una quantificazione di un debito?
Fincantieri pubblica sul proprio sito Internet, tramite la tavola sotto riportata, il valore della propria PFN consolidata al 30 giugno 2015, evidenziando un saldo negativo iscritto con segno ‘‘meno’’.

Dal punto di vista comunicativo, è sicuramente più immediato collegare la posizione a debito ad un valore negativo e la posizione a credito a quello positivo. Questo vale ancor di più quando la comunicazione è rivolta ad interlocutori carenti di specifiche competenze finanziarie. Molti sono, infatti, i report aziendali che espongono la PFN a debito con segno meno.
Sull’argomento, il Documento n. 1 IRDCEC ‘‘La relazione sulla gestione. Alcune considerazioni’’ dell’ottobre 2008, riferendosi agli indicatori alternativi di performance da riportare nella relazione sulla gestione (7), richiama la citata Raccomandazione CESR e propone uno schema di calcolo della PFN dove il segno dell’indebitamento è inequivocabilmente di ‘‘segno positivo’’. Lo stesso documento afferma come PFN, EBIT ed EBITDA rappresentino le principali misure di sintesi a cui le imprese fanno riferimento per l’elaborazione degli indicatori di risultato.
Lo stesso IRDCEC è tornato più approfonditamente sull’argomento con il Documento n. 22 ‘‘L’iscrizione degli indicatori nella relazione sulla gestione. La posizione finanziaria netta’’ dell’ottobre 2013. In chiusura di tale documento viene proposto uno schema di calcolo della PFN dove il segno delle poste a debito è, contrariamente al precedente documento, negativo.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti è tornata nuovamente sull’argomento con il Documento del 15 settembre 2015 ‘‘La posizione finanziaria netta quale indicatore alternativo di performance’’. Nello stesso documento è proposto uno schema di calcolo nel quale il segno della PFN a debito è «più» mentre nelle seguenti pagine il segno della PFN con saldo avere è «meno».
Le recentissime Linee Guida CNDCEC ‘‘Informativa e valutazione nella crisi d’impresa’’, incentrate sulla definizione con approccio aziendalistico dei concetti di ‘‘crisi’’ e di ‘‘insolvenza’’, nell’identificare gli strumenti di indagine atti ad accertare le prospettive aziendali, citano il ‘‘rapporto tra il MOL e la Posizione Finanziaria Netta aziendale’’ quale indicatore della capacità di ripianare l’indebitamento finanziario e ne espongono i riflessi operativi. Il rapporto PFN/EBITDA è frequentemente utilizzato per identificare il confine tra le situazioni di equilibrio o squilibrio finanziario. In particolare, situazioni congiunturali recessive e deflattive, quali quella attuale, portano a identificare nel valore di cinque il risultato di questo rapporto quale soglia al di là della quale si è in presenza di un eccesso di debito.
Il rapporto che conduce ad un risultato inferiore evidenzia, ovviamente, una situazione di equilibrio finanziario.
Detto indicatore, ad avviso di chi scrive, presuppone per una PFN a debito (avere) il segno ‘‘più’’.
Mancando un consenso unanime, le possibilità di incorrere in equivoci sono molto elevate.
Per evitare il rischio di commettere o far commettere errori, è consigliabile esplicitare le voci che compongono la PFN. In particolare, a fronte di comunicazione puntuale del dato sarebbe meglio utilizzare la più efficacie definizione di ‘‘indebitamento finanziario netto’’, sul cui segno non dovrebbe esservi dubbio alcuno.
In conclusione, è possibile affermare che il segno della PFN è una convenzione. Per questo motivo devono essere forniti al destinatario dell’informazione tutti gli elementi necessari per comprendere chiaramente quale sia la convenzione applicata.
Le voci che costituiscono la PFN
Così com’è da considerarsi difficoltosa la ricerca di una unanime e ‘‘definitiva’’ connotazione del segno algebrico della PFN, allo stesso modo non è facile l’individuazione puntuale delle voci che la compongono. Questo lo schema di PFN contenuto nel documento OIC 6:
Disponibilità liquide
Altre attività finanziare correnti
Crediti finanziari correnti
Debiti bancari correnti
Parte corrente dell’indebitamento non corrente
Altre passività finanziarie correnti
Debiti per leasing finanziario correnti
INDEBITAMENTO FINANZIARIO CORRENTE NETTO (a)
Debiti bancari non correnti
Obbligazioni emesse
Altre passività finanziarie non correnti
Debiti per leasing finanziario non correnti
INDEBITAMENTO FINANZIARIO NON CORRENTE (b)
INDEBITAMENTO FINANZIARIO O POSIZIONE FINANZIARIA NETTA (c=a+b)
Debiti per canoni leasing
Questo documento, a cui oggi è naturale ispirarsi nell’elaborazione della PFN, contiene indicazioni che impongono una particolare attenzione al cospetto di determinate fattispecie.
Ci si riferisce, in particolare, al trattamento previsto in presenza di debiti per canoni leasing. Si ha, infatti, che anche le società che adottano i principi contabili nazionali OIC, e che contabilizzano i canoni leasing secondo il metodo patrimoniale, devono inserire nella PFN i debiti in linea capitale verso le società di leasing per i contratti di locazione finanziaria in corso.
Trattamento di fine rapporto e fondi di ristrutturazione
Secondo importanti autori nel ‘‘calcolo della posizione finanziaria netta occorre considerare anche quelle poste che hanno natura assimilabile ai debiti finanziari: ad esempio il Fondo Trattamento di Fine Rapporto, i Fondi di ristrutturazione, ovvero tutti quei fondi che generano impegni a pagare somme future e che contemporaneamente non generano futuri costi di natura operativa’’.
L’inclusione del TFR nell’indebitamento finanziario non è univoca in quanto si tratta di voce che nella riclassificazione dello stato patrimoniale elaborato con il criterio della pertinenza gestionale, derivando da costi operativi, può essere considerato, a seconda dei casi, a diminuzione del capitale immobilizzato o del capitale circolante.
Il fondo ristrutturazione, quando non riferito, in tutto o in parte, ad oneri per ristrutturazione finanziaria, ma ad oneri accantonati, ad esempio, per prepensionamenti o incentivi all’esodo di personale, ovvero per la chiusura di reparti o linee di produzione, si ritiene non debba essere ricompreso nella PFN ma in diminuzione del capitale immobilizzato o del capitale circolante.
Debiti fiscali, contributivi rateizzati
Una voce che, per natura, non dovrebbe essere ricompresa nella PFN, ma della quale si suggerisce comunque l’inserimento nella base di calcolo, è rappresentata dai debiti fiscali e contributivi che, a seguito di mancato pagamento alla scadenza, sono stati rateizzati in applicazione delle diverse possibilità concesse dalle normative vigenti. Infatti, se una società in crisi di liquidità omettesse il pagamento di imposte e contributi previdenziali alla scadenza, ed ottenesse un piano di dilazione dello scaduto, di fatto si assisterebbe, a parere di chi scrive, alla trasformazione della natura del debito in finanziario con conseguente sua riclassificazione tra le altre componenti della PFN.
Debiti operativi rateizzati
Considerazioni analoghe a quelle del punto precedente si ritiene debbano essere fatte in relazione ai piani di rientro accordati da fornitori o da altri creditori non finanziari.
Fattispecie particolari di liquidità
Due sono le fattispecie in cui la liquidità potrebbe non essere considerata nel calcolo della PFN.
Il primo caso riguarda la liquidità quando questa assume natura operativa (ad esempio, la cassa dei negozi Retail, che deve essere considerata posta del capitale circolante); il secondo caso riguarda la liquidità quando assume natura transitoria e non strutturale, in quanto derivante, ad esempio, dalla cessione di un asset destinato ad essere sostituito.
Finanziamenti da soci e infragruppo
Anche la collocazione nella PFN o nei mezzi propri dei finanziamenti, specie se infruttiferi e privi di scadenza, ricevuti da soci o da altre società appartenenti al gruppo, deve essere attentamente valutata alla luce della effettiva natura (capitale di rischio o capitale di debito) di tali apporti.
Non esistendo, né nella prassi né in dottrina, un’univoca definizione della composizione della PFN, si ritiene, anche in questo caso, di essere di fronte ad una convenzione. Indipendentemente dal contesto nel quale viene impiegato questo indicatore, sia esso quello di comunicazione economico-finanziaria o di formulazione di covenant finanziari, o clausole contrattuali che legano prezzi, premi o quant’altro alle performance aziendali, è necessario che il report o il contratto che fanno riferimento alla PFN riportino chiaramente l’indicazione delle voci che la rappresentano, oltre alle indicazioni sulle modalità di lettura del suo segno algebrico.
Posizione finanziaria netta e covenant
Uno dei contesti nei quali il livello della PFN è presa come riferimento è quello della costruzione dei covenant finanziari. I covenant sono clausole contrattuali sottoscritte tra un’impresa e i suoi finanziatori (tipicamente banche), finalizzate a tutelare questi ultimi dai possibili danni derivanti da una gestione eccessivamente rischiosa dei finanziamenti concessi al debitore. L’accordo, generalmente, prevede clausole vincolanti per l’impresa, pena il ritiro dei finanziamenti (affidamenti) o la loro rinegoziazione a condizioni meno favorevoli. Dal punto di vista del finanziatore, il covenant, serve a ridurre il proprio rischio di credito, cioè a ridurre il rischio di esposizione in caso di insolvenza del soggetto finanziato.
I covenant di natura patrimoniale sono costituiti da clausole che mirano a contenere l’utilizzo della leva finanziaria da parte dell’impresa, prevedendo l’obbligo del mantenimento del rapporto tra l’indebitamento finanziario netto e il totale delle fonti o del patrimonio netto al di sotto di una determinata soglia.
Altri covenant mettono invece in relazione il livello del debito, rappresentato dalla posizione finanziaria netta, con la redditività dell’azienda.
Alcuni esempi di covenant finanziari, che possono essere variamente combinati tra loro e che prendono come riferimento il livello della PFN sono:
- il rapporto tra PFN ed EBITDA normalizzato, inferiore o uguale rispetto a determinati parametri di riferimento;
- il rapporto tra la PFN e il patrimonio netto, minore di un certo valore e il rapporto tra PFN ed oneri finanziari, superiore ad un determinato valore di riferimento;
- il rapporto tra PFN ed EBITDA, minore di un determinato valore e il rapporto tra PFN e patrimonio netto, inferiore ad un determinato parametro di riferimento.
Spesso tali covenant vengono anche associati ad un DSCR (Dest Service Converge Ratio) maggiore di un determinato riferimento. È pertanto necessario che il contratto di finanziamento riporti una chiara indicazione delle modalità di calcolo della PFN e degli altri parametri che contribuiscono alla definizione del rapporto (si tratta, infatti, essenzialmente di quozienti utilizzati, come vedremo, nell’analisi di bilancio) da confrontare con il limite previsto dallo stesso covenant.
La PFN come indicatore di performance
La PFN è definita quale indicatore ‘‘alternativo’’ di performance. In realtà, si tratta di un dato che se preso in maniera a sé stante, cioè se non rapportato ad altri aggregati, al di là del raffronto intertemporale sulla sua evoluzione (che è ciò che è richiesto dall’OIC 6), non fornisce particolari informazioni circa le performance aziendali.
In particolare, nei raffronti intertemporali, la PFN può anche essere inquadrata come risorsa finanziaria di riferimento nella costruzione di rendiconti finanziari gestionali, sia consuntivi sia preventivi (il rendiconto finanziario del bilancio d’esercizio – sia OIC sia IAS/IFRS – deve invece necessariamente utilizzare come risorsa finanziaria di riferimento la sola liquidità), sia consuntivi sia preventivi. Il saldo finale della dinamica finanziaria trova infatti corrispondenza nella variazione della PFN, per cui un’appropriata interpretazione della dinamica finanziaria si ha solamente focalizzando l’analisi sulla variazione della PFN. Infatti, un accumulo di liquidità potrebbe non derivare dalla capacità della gestione corrente di generare cassa, ma semplicemente dall’accensione di nuovo debito.
La PFN, che rappresenta un indicatore per margini evidenziante la differenza tra liquidità e debiti finanziari, è frequentemente utilizzata nell’analisi di bilancio e nella costruzione degli indici (rapporti).
Di seguito si commentano alcuni di questi indicatori.
Indice di indebitamento o leverage
Si tratta di un importante indicatore di solidita` sul grado di dipendenza da terzi.
È il rapporto tra la PFN ed i mezzi propri.
PFN/mezzi propri
Equazione della leva
La PFN entra, pertanto, anche nella formula della cosiddetta ‘‘equazione della leva’’:
ROE = ROCE + {(ROCE - i) x (PFN / mezzi propri)}
dove il ROE (Return On Equity) è l’indice di redditività del capitale proprio, il ROCE (Return On Capital Employed) – a volte anche chiamato ROIC (Return On Invested Capital) – rappresenta l’indice di redditività della gestione operativa misurata sul capitale investito ed i è il costo del debito finanziario.
L’effetto della leva finanziaria è, infatti, legato all’entità dello spread ROCE (ROCE – i) ed alla struttura finanziaria adottata in termini di rapporto tra PFN e mezzi propri.
Un altro indicatore, che non fornisce informazioni molto dissimili da quello precedente è rappresentato dal rapporto tra la PFN e il capitale investito netto.
Tasso di assorbimento dell’esposizione finanziaria netta
È il rapporto tra PFN e fatturato. Consente di apprezzare la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite.
PFN/Fatturato
Tasso dell’indebitamento finanziario netto
Esprime, approssimativamente, la capacità e i tempi di rimborso dell’indebitamento finanziario netto attraverso il cash flow della gestione caratteristica, rappresentato dall’EBITDA.
PFN/EBITDA
DSCR
Il principale indicatore per valutare la sostenibilità del debito attraverso i flussi di cassa correnti resta tuttavia il DSCR, la cui formulazione più diffusa è, con riferimento ad un generico esercizio t), la seguente:
DSCRt = flussi di cassa della gestione corrente t/(oneri finanziari t + quota capitale t).
Come si vede, gli indicatori presentati coincidono anche con i principali covenant aventi ad oggetto la PFN. Ancora una volta, appare quindi necessaria una preventiva descrizione del criterio utilizzato nell’esposizione del ‘‘segno’’ della PFN per evitare errate letture del risultato che deriva da ognuno di questi ratio.
Indicatori per margini e PFN
L’impiego della PFN è previsto, oltre che nella definizione di indicatori di performance espressi sotto forma di indici, anche a supporto della lettura e interpretazione di indicatori per margini. Il riferimento va in particolare alle importanti relazioni che possono essere viste tra PFN e i valori del capitale circolante netto, del margine di tesoreria, del margine di struttura e dell’indice di liquidità.
Partendo dalla rappresentazione grafica dello stato patrimoniale riclassificato con criterio finanziario a liquidità decrescente, appare evidente come il Capitale Circolante Netto (CCN) sia determinato dalla differenza tra Capitale Circolante Lordo, a sua volta determinato dalla somma tra liquidità immediate e differite e le rimanenze, e le passività correnti.

Nell’auspicata ipotesi in cui tale differenza presenti un segno positivo siamo di fronte alla capacità dell’azienda di produrre, attraverso lo smobilizzo delle componenti attive, la liquidità necessaria alla copertura delle passività correnti. Basilare per una prospettiva di equilibrio finanziario di breve termine, questa condizione potrebbe non essere sufficientemente rappresentativa dell’effettiva capacità di perseguire tale equilibrio. Limitando l’analisi alla sola componente operativa del CCN potrebbero verificarsi situazioni nelle quali, ad esempio, il maggior credito vantato nei confronti dei propri clienti rispetto al debito in essere verso fornitori, derivi dal seguente fattore: la presenza, tra i primi, di crediti per i quali è previsto un incasso in un momento abbondantemente successivo a quello in cui è previsto il pagamento dei fornitori. In questo caso, da una semplice lettura del CCN operativo, si otterrebbe un’indicazione positiva dell’equilibro finanziario aziendale, a fronte di un effettivo disallineamento tra attività e passività derivante dallo svolgimento del ciclo operativo aziendale.
All’interno del CCN trovano, pertanto, allocazione poste di natura esclusivamente finanziaria la cui entità è strettamente da porsi in relazione all’andamento del ciclo operativo e al rimborso di debiti a medio/lungo termine, quali i mutui.
La riclassificazione dello stato patrimoniale con applicazione del criterio di pertinenza gestionale permette di distinguere le componenti dell’attivo e del passivo tra quelle riconducibili alla gestione operativa e quelle specificamente finanziarie, favorendo la determinazione del fabbisogno finanziario di ogni specifico ambito di gestione. È in questo contesto che ‘‘il ricorso alla PFN di breve permetterebbe di constatare e quantificare una sofferenza di liquidità in atto, data dal ricorso alle passività finanziarie a copertura del mancato incasso ed a supporto del fabbisogno operativo’’.
Di seguito la rappresentazione grafica della riclassificazione dello stato patrimoniale secondo il criterio finanziario con evidenza della PFN.

Questo schema consente di percepire in modo immediato i concetti sopra esposti, ovvero la possibilità che si verifichino situazioni nelle quali si assiste al CCN e al margine di tesoreria (MT) positivi in presenza di una PFN negativa (qui si adotta la convenzione per la quale la PFN con saldo avere è da intendersi negativa). Questi concetti devono essere estesi alle componenti di medio e lungo periodo della PFN e del capitale fisso (CF). Così come riporta la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, ‘‘in un’analisi sulla PFN potrebbe, ad esempio, emergere una PFN di breve positiva, rispetto a quella di medio e lungo invece negativa. Ciò in quanto la PFN di m/l ha assorbito per intero la liquidità prodotta nel breve periodo (PFN di breve positiva), non essendosi tradotto in liquidità operativa e successivamente finanziaria, il rendimento degli investimenti d’impresa. Pertanto, gli investimenti finanziati con i debiti a m/l non avrebbero prodotto redditività e, conseguentemente, non si sarebbero monetizzati a tal punto da comportare una difficoltà nel rimborso dei finanziamenti, che è maggiormente evidente nella determinazione della PFN complessiva, in cui sono presenti i mezzi di terzi con scadenza medio-lunga’’.
La PFN in sintesi
La rappresentazione della posizione finanziaria netta e il segno algebrico della sua esposizione rappresenta una convenzione non univoca. Per questo si impone l’esplicitazione dei criteri applicati nella sua rappresentazione al fine di mettere il destinatario dell’informazione in condizione di comprendere agevolmente quale sia la convenzione adottata evitando, in questo modo, errate interpretazioni.
Analogamente, essendo varie le configurazioni attraverso le quali è possibile addivenire all’esposizione della PFN, appare necessaria, per non dire indispensabile, la descrizione delle voci che sono state ricomprese nello schema applicato.
L’impiego della PFN va a posizionarsi accanto a quello del rendiconto finanziario e a ricoprire un ruolo di ‘‘indicatore alternativo di performance’’ da applicarsi, oltre che nella misurazione della differenza tra il totale dei debiti finanziari aziendali e le attività liquide, soprattutto nella costruzione di indici e margini nell’analisi di bilancio. Questi indicatori sono in grado di fornire importanti informazioni sull’utilizzo della leva e sulla solidità finanziaria di un’azienda in termini di capacità di rimborso dei propri debiti, oltre che utilizzabili ai fini della migliore costruzione di covenant finanziari.
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